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Notiziario 7

 

In questo numero:

 

2002: un anno per crescere

Fine anno: tempo di bilanci, ma ancor più di nuovi programmi e proposte, per guardare avanti, oltre le date del calendario.

Archiviamo un 2001 ricco di iniziative e raccogliamo volentieri la sfida: fare di più e meglio.

Possibile?.. Forse

Necessario? …Certamente

Perché crescono i nostri figli, ed alcuni di loro si affacciano alla soglia dell’adolescenza con nuovi problemi ed esigenze,  crescono (per certi versi dovremmo dire “Purtroppo”) i nostri associati, cresce il bisogno di confrontarsi con una realtà esterna in continua evoluzione.

Abbiamo anche aperto nuove finestre verso l’esterno che ora devono essere tenute spalancate, per fare entrare aria nuova.

Ce n’è abbastanza per ritirarsi spaventati nel proprio guscio…. O ripartire con maggiore impegno!?

Noi vogliamo scegliere la seconda strada, convinti che, come già in passato, insieme possiamo farcela.

Stiamo studiando nuove iniziative, alcune delle quali nate dalle indicazioni e suggerimenti di molti di voi e in parte già avviate, stiamo prendendo contatti con la Regione per un confronto sui temi dell’assistenza diabetologica, ci confronteremo con altre realtà similari per scambiarci esperienze e trarre nuovi spunti di azione.

E’ un impegno che richiederà tempo, dedizione e magari un po’ di coraggio: il risultato dipende dalla risposta che ciascuno di noi saprà dare.

Ma è anche importante che, in un momento in cui ci prepariamo a confrontarci anche con la realtà esterna e con le pubbliche istituzioni, l’associazione acquisti anche maggiore peso e visibilità. Dobbiamo fare un ulteriore sforzo per crescere numericamente e per farci conoscere, parlandone, trovando sostegni e adesioni, promuovendo la nostra immagine, anche senza la televisione…...

Come primo passo……trovando nuovi soci sostenitori.

Parte da queste considerazioni una proposta: ognuno di noi si impegni a individuare un nuovo socio sostenitore per il 2002: sarà un piccolo contributo di carattere economico, per consentire nuove attività, ma soprattutto un seme gettato nella società per una maggiore sensibilizzazione verso i nostri problemi. Perché se è vero che la malattia è un fatto privato, che ognuno può e deve gestire con riservata compostezza, è anche indubitabile che solo ottenendo il riconoscimento come “gruppo” possiamo sperare di ottenere quel sostegno “sociale” di cui abbiamo tutti bisogno.

E’ chiedere troppo?

Pensiamo di no, se è per il benessere fisico e psichico dei nostri figli e delle nostre famiglie.

Affrontato con questo spirito anche il decennale della nostra associazione, che festeggeremo insieme in primavera, acquisterà un diverso significato: non la vuota celebrazione di un passato, ma una pietra miliare nella strada di un futuro più roseo per tutti.

 

Il Consiglio Direttivo

 

Caorle 2001: tra impegno e vacanza

“Ebbene sì, mi sono divertita!”: è bello riassumere così, con le parole di uno dei partecipanti, l’esperienza del campo famiglie di Caorle 2001.

La seconda edizione, cresciuta nel numero dei partecipanti, in parte modificata nella formula, fortemente voluta e sostenuta da quanti avevamo partecipato alla prima edizione.

Quasi una tradizione della nostra Associazione, ormai, ma pur sempre una…scommessa.

Sulla nostra capacità di stare insieme, di reggere il confronto della vita in comune, sulla voglia di mettere in discussione le nostre poche certezze e le tante ansie, sulla possibilità di far divertire anche i ragazzi, diversi in età, e molti alla vigilia di un periodo di profondi cambiamenti psicologici.

L’abbiamo vinta?  Credo di sì, se è vero che ci siamo anche divertiti. E che l’ultimo giorno, prima di salutarci definitivamente, si discuteva di date per il 2002, i ragazzi chiedevano “Torneremo anche l’anno prossimo?” e che in fondo nessuno aveva troppa fretta di chiudere l’esperienza, concedendosi ancora un pranzo comunitario fuori programma.

Ci siamo divertiti...

...nonostante interminabili discussioni e confronti sui nostri problemi in cerchio, sulla spiaggia,

...nonostante qualche lacrima sgorgata spontaneamente nel gruppo al rivivere passate emozioni,

.....nonostante la pioggia, che ha minacciato anche la gita in barca, senza riuscire a rovinarla

...nonostante il doversi improvvisare camerieri e “maitre” di sala,

...nonostante la fatica di tenere insieme ragazzi e bambini e di farli divertire 12 ore al giorno,

...nonostante i gelati – mangiati di nascosto gli adulti dai ragazzi, quasi a nascondere una marachella,

...nonostante soprattutto la difficoltà di togliere 7 giorni alle nostre attività, alle vacanze, qualcuno anche al proprio partner e agli altri figli.

Nonostante... o forse proprio per questo?

Forse perché lo stare insieme ci apre nuovi orizzonti, ci costringe a guardare dentro a noi stessi per scoprire che ci sono anche gli altri, magari con gli stessi problemi, sicuramente… con la stessa voglia di vivere ... e di divertirsi!

In modo spontaneo, tra amici.

Come non ricordare quel pomeriggio, forse il primo davvero assolato, distesi pigramente sulla spiaggia, ad abbronzarsi. In due, in silenzio, poi in tre, i pensieri che vagano su strade diverse e personali; una prima parola, poi altre, poco a poco una chiacchierata tra persone che ormai si conoscono bene; il gruppo che uno alla volta si ingrossa, parole che corrono in libertà, esperienze che si aggiungono. Alla fine una discussione impegnata, senza tema, ma altrettanto interessante, che ci prende tutti, fino a sera. Così quasi per scherzo, eppure tutto molto sul serio.

Molti di noi si sono divertiti, come testimoniano le successive due lettere che crediamo riassumano non tanto lo svolgersi della settimana del campo, quanto lo spirito che lo ha animato e reso piacevole, oltre che utile.

Tutti, credo, abbiamo imparato qualcosa..

Caorle è una strada ben tracciata nella nostra vita e nella storia della nostra Associazione. Perché lasciarla?

 

Ci ritroviamo nel 2002: provare per credere!

 

I partecipanti a Caorle 2001

 

Caorle 2001: la voce dei partecipanti

"...e rieccomi!

Un po’ banale come inizio ma quest’anno a Caorle proprio non ci volevo tornare. La bella esperienza dello scorso anno, i bei ricordi cozzavano con le cose di sempre. Il tempo, una intera settimana, una nuova organizzazione degli spazi e relative incognite, la gestione, al solito in solitaria (eh, sì, spesso qualcuno latita!) non solo di Eleonora ma anche di Elisabetta. Una “novità” ancora difficile da smaltire.

Ma forse i consueti amici avevano capito che proprio per questo avevo anche bisogno di loro. E dopo tante insistenze e lusinghe mi sono fatta convincere: ma proprio per far piacere a loro!

E poi che dire? Il turn-over si è presentato abbastanza accentuato e quindi novità per tutti: nella conoscenza e confronto di esperienze. Informazioni, curiosità, consigli, scambi di ricette, di diete equilibrate o presunte tali ed infine…pettegolezzi.

Il sale per una comunità di persone che ormai comincia a non avere più solo figli in comune.

Ma ti ricordi..., ma noi sai che..., sapessi poi a me cosa è capitato..., e le ferie come sono andate..., e via pettegolando complice anche Giove Pluvio.

Ma le insospettabili qualità di soliti ignoti non posso non citarle! Sotto la scorza dura e professionale, maitre di sala, camerieri provetti, procacciatori di razioni prima esiziali e poi supplementari di cibo solide e non, ferrei istitutori, ...affabulatori, il completo fai da te del “prego, dopo di lei”.

Io sono certa che qualcuno avrà colto anche l’aspetto scientifico della cosa e che ci renderà tutti quanti partecipi di che cosa abbiamo fatto e di come siamo stati bravi.

Ma cosa volete che vi dica: io, mi sono divertita! Arrivederci

...ma e i ragazzi dove sono!?!

Ah sì, dimenticavo, c’erano anche loro!"

                                                                                            Desideria Gabrel

 

"Provate ad immaginare l’ultimo giorno di vacanza al mare di un gruppo di giovani: libero sfogo al divertimento, al gioco e alla fantasia. Prima con un festoso gioco a “bandiera”, con tanto di ruzzoloni , urla di incoraggiamento e immancabili proteste finali degli sconfitti.

Poi una scatenata “caccia al tesoro”, su e giù per le scale dell’edificio e a perdifiato nel parco; a dura prova la resistenza fisica dei partecipanti e a ….rischio l’incolumità di pochi “sventurati” per caso nei paraggi.

Ricerca affannosa di indizi e “bigliettini” nascosti nei posti più impensati, qualche cedimento per …”fatica” e infine l’impegno spasmodico dell’ultima prova, da vincere a tutti i costi sotto lo sguardo vigile di intransigenti organizzatori e controllori.

Il premio? Un abbraccio finale e brindisi insieme: l’ultimo atto prima dell’arrivederci al prossimo anno.

Beh,  a parte i “giovani”, quel gruppo eravamo noi: integerrimi genitori di “pargoletti” per lo più adolescenti, per un giorno promossi a giudici “togati”.

Il luogo?

Il campo famiglie di Caorle, 8 settembre 2001: quell’iniziativa seria e dal tono severo, in cui si discute dei nostri tanti problemi, si cerca faticosamente di convivere sette giorni insieme, si impone e subisce la ferrea disciplina della comunità.

O no…!??

Provare per credere!"

 

Paolo Forti

 

Programma attività 2002

Molte le iniziative in cantiere per il 2002, alcune già avviate:

Corso Crescere insieme

III edizione, organizzata  dalla Clinica pediatrica con la nostra collaborazione. 4 incontri programmi da dicembre a febbraio, destinati a bambini e adolescenti per aiutarli a conoscere e a crescere meglio. Già svolti i primi due incontri, rispettivamente il 7 e il 16 dicembre. Prossimi appuntamenti, come da calendario inviato, il 25 gennaio (per bambini fino a 12 anni) e il 10 febbraio (per adolescenti)

Incontri per genitori

in parallelo al corso Crescere insieme, per dare anche ai genitori la possibilità di incontrarsi, conoscersi, scambiare esperienze. Perchè anche noi abbiamo bisogno di …. Crescere! Negli stessi orari del corso Crescere insieme. Il 10 febbraio incontro aperto a tutti i genitori a Praglia, con pranzo insieme.

Incontri di formazione

un momento indispensabile di approfondimento e conoscenza, ormai consolidata tradizione invernale della nostra Associazione. Tre incontri da gennaio a marzo, di sabato pomeriggio, come da programma allegato. Gli argomenti di quest’anno saranno centrati sulla vita quotidiana con il diabete e soprattutto sui diritti e doveri dei nostri figli, toccando vari aspetti legislativi riguardanti tra l’altro l’assistenza, la scuola, la patente. Un’occasione per dare anche risposte alle proprie domande.

Vacanza ad Assisi

Un’opportunità di svago autogestito, nella splendida cornice umbra, da prendere al volo. Posti limitati. Programma e modalità comunicati separatamente.

 

Ancora in fase di studio e programmazione:

Campo scuola

a Misurina, come da tradizione, a cura del Dipartimento di Pediatria. Previsto tra fine febbraio e inizio marzo.

Gita primaverile

Convegno di aggiornamento

momento di alto livello scientifico, quest’anno anche occasione per festeggiare degnamente il decennale della nostra Associazione.

Campo famiglie

III edizione. Per chi c’è già stato e soprattutto per quanti hanno voglia di provare una nuova esperienza. Ad inizio settembre.

 

Previsto anche un incontro con funzionari della Regione per presentare le nostre istanze e discutere con loro le nuove prospettive della sanità in campo diabetologico.

C’è spazio per tutti !! Partecipate numerosi e con entusiasmo!

 

News dal mondo: "il diabete sale in alto"

Una spedizione di alpinisti e atleti diabetici dimostrerà, una volta di più, che il diabete non pregiudica le possibilità di una vita normale e forse… anche un po’ sopra le righe.
Il 7 gennaio partiranno da Venezia 11 adulti e 5 medici accompagnatori, diretti in Tanzania alla cima del monte Kilimangiaro (Uhuru Peak – 5895 mm) e del monte Kenia.
Il dottor Zolli, medico diabetologo dell’Ospedale di Mirano e responsabile della spedizione, vuole lanciare, insieme a tutti i partecipanti, un messaggio di speranza e solidarietà.


Speranza

come ricorda il nome augurale della spedizione “Speranza oltre le difficoltà”, che tutti i diabetici non si sentano diversi dagli altri nè esclusi dalla vita normale, ma al contrario sappiano sempre dimostrare in modo attivo le proprie intatte potenzialità, e possano trovare anche attraverso l’attività fisica un pieno benessere fisico e psichico.

Solidarietà

avviando contatti con le organizzazioni di cura del diabete della Tanzania, alle quali saranno destinati tutti i fondi raccolti per l’occasione e materiale medico farmaceutico di prima necessità, nel tentativo di contribuire per quanto possibile a migliorare le precarie possibilità di cura di quel paese.

 

Non mancheranno gli aspetti scientifici e terapeutici, sia attraverso la sperimentazione in alta quota di reflettometri anche di nuova concezione sia con la conferma sul campo dell’efficacia di una intensa attività alpinistica ed escursionistica nel raggiungere e mantenere un ottimale controllo glicemico, obiettivo di ogni buona terapia.
E’ un messaggio di grande significato anche per i nostri ragazzi, che avremo modo di approfondire a conclusione della spedizione. Anche i soci dell’AGD hanno la possibilità di dare un piccolo contributo di solidarietà alla spedizione, acquistando in sede le cartoline preparate dall’organizzazione per l’occasione. 
Entro la fine dell’anno c’è anche la possibilità di ricevere direttamente dalla Tanzania le cartoline acquistate (è sufficiente compilarle con il proprio indirizzo o quello di persone care e restituirle alla nostra segreteria, che provvederà a consegnarle al dottor Zolli prima della partenza).

In bocca al lupo! alla spedizione

 

Calendario appuntamenti

Sono aperte le iscrizioni per l’anno 2002. Il versamento della quota, stabilita dal Consiglio Direttivo per l’anno prossimo in 20 Euro, può essere fatto direttamente in sede, mediante bonifico bancario o vaglia postale intestato ad AGD Padova o in occasione del primo incontro associativo, previsto per il 12 gennaio. Nel raccomandare a tutti la puntualità nel rinnovo dell’iscrizione, che semplifica il lavoro amministrativo, ricordiamo che c’è la possibilità di comunicare alla segreteria il proprio indirizzo di posta elettronica, a cui, a partire dall’anno prossimo, potremo ricevere in tempo reale tutte le comunicazioni attinenti all’associazione e alle sue attività.

E’ anche l’occasione per segnalare eventuali variazioni anagrafiche o anomalie, oltre che, naturalmente, per presentare nuovi soci.

Vi aspettiamo!!

12 gennaio 2002

Incontro di formazione

Ore 15.30 – Clinica pediatrica

25 gennaio 2002

Corso Crescere Insieme (7-12 anni)

Incontro genitori (bambini 0-12 anni)

ore 17 – 19 – Clinica Pediatrica

A seguire: pizza insieme (sia per bambini che per genitori)

2 febbraio 2002

Incontro di formazione.

Tema: Diabete e legislazione

Ore 15.30 – Clinica pediatrica

10 febbraio 2002

Corso Crescere Insieme (12-17 anni)

Incontro genitori (ragazzi 12 – 17 anni)

ore 9.30 – Abbazia di Praglia

A seguire: pranzo insieme

Iscrizione entro 3 febbraio

23 marzo 2002

Incontro di formazione

Diabete e scuola

Ore 15.30 – Clinica pediatrica

30 marzo – 2 aprile 2002

Vacanza ad Assisi

Iscrizioni al più presto

BUONE FESTE A TUTTI!!!

 

Speciale: per "vivere bene" con il diabete

Riproponiamo in sintesi gli interventi presentati nel corso del V° Convegno di aggiornamento del 6 maggio 2001, nell’ambito della Sessione “Vivere il diabete”.
I due interventi, rispettivamente sul tema “Diabete e Progetto di Salute” e “Diabete e vita associativa”, sono accomunati da un forte messaggio di positività che riteniamo possa aiutarci a superare gli inevitabili momenti di difficoltà che accompagnano la convivenza familiare con il diabete.
Entrambi, integrandosi a vicenda in una visione prima più personale e poi in chiave associativa della nostra realtà, lanciano una luce di speranza e di incoraggiamento nella nostra vita, se accompagnata dalla disponibilità ad un forte impegno personale.
Il testo degli interventi, unitamente a alcune diapositive, sarà anche disponibile a breve sul nostro sito Internet.

Diabete e progetto salute

Parlare di salute ci riporta ad un concetto ampio, che si estende a tutte le dimensioni della persona, adulto o bambino: sappiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità attribuisce alla salute una connotazione globale che coinvolge la dimensione fisica, psicologica e sociale.

Quindi salute come condizione di benessere psico-fisico-sociale attraverso uno sviluppo armonico di queste dimensioni della persona.

Parlare di progetto di salute in riferimento al bambino diabetico significa, dunque, guardare oltre gli aspetti strettamente legati alle cure mediche, senz’altro fondamentali e irrinunciabili, considerando che siamo fatti di un corpo ma anche di una mente, di relazioni sociali, aspetti che devono evolversi e integrarsi.

Affrontiamo questo argomento partendo da una delle prime domande che i genitori si pongono quando viene loro comunicato che il figlio ha il diabete: Potrà fare una vita normale?

Questa domanda contiene in sé importantissimi significati che in pochi minuti si traducono velocemente in preoccupazione e angoscia. La malattia viene da subito sentita come una grave minaccia per la realizzazione personale e sociale del bambino, minaccia di fronte alla quale i genitori, in quel momento, si sentono impotenti in quanto non sono in grado di esprimere protezione nei confronti del figlio.

L’inguaribilità accentua questi vissuti perché chiude uno spiraglio di soluzione.

Il significato di “normalità” viene associato ad una crescita armonica, ad un positivo inserimento scolastico, ad una vita di relazioni con gli altri, ad una buona collocazione lavorativa, alla possibilità di avere un partner, dei figli… Questi vissuti  trovano origine nelle aspettative sociali di abilità ed efficienza a cui ognuno è chiamato a rispondere e che ogni genitore proietta sui figli e sul loro futuro.

Di fronte alla diagnosi di malattia cronica viene messa in discussione la possibilità di vedere nel presente e nel futuro del proprio figlio la realizzazione di questi aspetti.

L’evento della malattia diabetica irrompe nella famiglia improvvisamente, provocando uno sconvolgimento nelle relazioni, nell'organizzazione, nei ruoli.

Il cambiamento coinvolge tutti, compresi i fratelli e le persone legate alla famiglia.

E’ necessario mettere in atto nuove strategie organizzative, di gestione del controllo e della terapia e, soprattutto inizia un processo di elaborazione dei vissuti rispetto alla malattia stessa .

Varie sono le reazioni e manifestazioni riscontrate che producono effetti diversi. Tuttavia va sottolineato un principio comune: il vissuto di malattia del bambino è strettamente condizionato da quello dei genitori e dei familiari.

Questo si accentua con il diminuire dell’età del bambino, ma, in generale, esiste un rapporto stretto e consequenziale tra come i genitori percepiscono e vivono la malattia e lo sviluppo del bambino o del ragazzo.

Ci soffermiamo un attimo su questo aspetto, per spiegarne il significato, come importante premessa rispetto al tema che stiamo affrontando.

Nella formazione dell’identità il bambino forma il proprio io, identifica se stesso come immagine riflessa degli atteggiamenti degli adulti di riferimento nei suoi confronti. Più precisamente, l’individuo diventa ciò che lo chiamano e lo definiscono le persone per lui importanti. Quindi il bambino impara che lui è veramente come gli altri lo definiscono.

Non solo: il mondo dei propri adulti importanti  di riferimento (i genitori soprattutto) non è uno dei mondi possibili tra cui il bambino sceglie. E’ l’unico mondo esistente agli occhi del bambino e gli rappresenta la realtà e l’immagine di sé.

Facciamo un esempio: se siamo costantemente trattati da incapaci, ci vengono evidenziate le nostre difficoltà e i nostri limiti, siamo apostrofati in modo negativo, finiamo per credere di essere degli incapaci e ci riconosciamo nell’immagine che gli altri ci attribuiscono.

Si tratta di un meccanismo molto più complesso ma già ci aiuta a capire il peso che rappresentano i genitori, con i loro vissuti, per la crescita e l’identificazione del bambino.

Nell’impatto con il diabete, si possono verificare diversi atteggiamenti nei genitori (tratto da Alessandrelli,Di Giuseppe: "L'assistenza Psicologica nella malattia pediatrica - il Diabete insulino-dipendente")  di cui si evidenziano alcuni più frequenti:

  • Sviluppano forti sensi di colpa e responsabilità perché vivono la malattia del figlio come una punizione o conseguenza di una loro inadeguatezza

  • Vivono in modo pessimistico il diabete, concentrati sui rischi di complicanze, vergognandosi della malattia del proprio figlio, enfatizzando le limitazioni dovute al nuovo stile di vita, limitando i rapporti con l’esterno.

  • Oppongono un atteggiamento di rifiuto e di negazione che porta ad affrontare con superficialità la terapia, con inevitabili conseguenze sulla salute del bambino

  • Proteggono eccessivamente il bambino e ne sostengono la dipendenza, sostituendosi a lui  nella gestione del controllo e della terapia, anche fino ad un’età in cui il bambino sarebbe in grado di fare da solo

  • Mirano al perfezionismo attraverso un atteggiamento eccessivamente preciso, ordinato, scrupoloso nel seguire minuziosamente in modo ossessivo tutte le indicazioni terapeutiche, non lasciando alcun margine al caso e creando rigidi rituali intorno alla malattia

In questi casi i genitori adottano reazioni problematiche e pongono l’accento sugli aspetti limitanti, sulla connotazione di patologia da cui emerge un' immagine di bambino malato.

Quale sarà l’immagine riflessa su cui il bambino costruisce la sua immagine di se? Concentrarsi sui contenuti di malattia contribuisce a far si che il bambino si riconosca più nella malattia che nella parte sana di sé.

Comprendiamo quanto sia importante per i genitori affrontare il diabete del proprio figlio, insieme al proprio figlio, in modo positivo, attribuendo al problema una dimensione reale e sostenibile, perché di fatto questa è la realtà .

Non vuole essere, questo, uno slogan, ma una considerazione che si basa su un esame obiettivo della realtà e vuole ricondurci al tema del nostro discorso: il progetto di salute per il bambino diabetico.

Nella costruzione ideale di questo progetto, dobbiamo seguire diverse fasi:

  • Analisi del problema (qual è il problema?)

  • Formulazione degli obiettivi (cosa voglio raggiungere)

  • Individuazione delle risorse e dei vincoli

  • Individuazione delle azioni per la soluzione del problema

  • Valutazione dei risultati

Il problema, è ovvio, è che un giorno al bambino è stato diagnosticato il diabete e che non si prevede guarigione

L’obiettivo , ce lo dice il nostro titolo, e la nostra domanda iniziale, è che il bambino (prima) l’adolescente, il giovane, l’adulto possa condurre una vita “sana” e “normale”.

I Vincoli, partiamo da questi perché facciamo prima, sono individuabili in due tipologie:

una obiettiva e sta nel fatto che possiamo definire il diabete “una condizione che condiziona”: condiziona alla dipendenza dalla terapia, alla costanza del controllo, al rispetto di alcune sane regole alimentari e igieniche, aspetti che, attraverso l’esperienza quotidiana entrano nella routine giornaliera. I medici confermano che uno stile di vita corretto e la rigorosità della gestione della terapia prevengono in modo considerevole complicanze ed effetti invalidanti. Questi “condizionamenti” vanno però considerati nella loro reale dimensione occupando uno spazio che non sovrasti altri aspetti.

 

Le risorse

Rispetto alla gestione della malattia: c’è la possibilità di utilizzare farmaci e mezzi diagnostici impensabili fino a 15 anni fa che agevolano notevolmente la gestione della terapia e il controllo.

Il nostro SSN consente l’assistenza gratuita per la cura, la diagnostica, il controllo e monitoraggio

Consideriamo una risorsa il fatto che, al di là del pancreas, nessuna altra funzionalità viene limitata dalla malattia, se ben curata. Questo significa che il bambino diabetico seguendo una corretta terapia, sta bene, corre, gioca, studia, impara, vive come gli altri bambini e ragazzi e non presenta “diversità” in quanto malato.  I dati confermano che il diabete di per sè non determina una riduzione della capacità cognitiva, né preclude l’assunzione di un impegno lavorativo stabile o la possibilità di integrarsi e di affermarsi socialmente. Ne traiamo che non viene compromessa alcuna funzionalità e il bambino e ragazzo diabetico è in grado di “funzionare” come gli altri.

La famiglia è la principale attrice e risorsa: viene inevitabilmente coinvolta dal diabete. Consideriamola un sistema e ogni parte risente inevitabilmente dei cambiamenti e degli eventi che si verificano al suo interno.

Le azioni

Usiamo questo termine per semplificazione e per dare concretezza alle scelte che vanno messe in atto per il raggiungimento del nostro obiettivo.

Seguire le indicazioni terapeutiche e acquisire sempre più sicurezza nella gestione della terapia e del controllo.

Coinvolgere sempre il bambino in ciò che lo riguarda. Il diabete non è oggetto di delega ai genitori: gli appartiene, lo coinvolge e il bambino  deve divenirne il principale e autonomo “gestore”

Attribuire al diabete una dimensione di concretezza e di obiettività. I dati scientifici e la realtà concreta ci confermano che con il diabete si può vivere normalmente senza particolari preclusioni personali e sociali.

Coltivare un clima di serenità familiare, che non si centri sulle ansie legate alle possibili ipo o iperglicemie, sullo stress per il dover fare l’iniezione o il controllo e collochi queste pratiche e questi eventi nella routine giornaliera

La famiglia si ridefinisce, accoglie l’evento, rielabora al suo interno una nuova quotidianità, nessuno escluso. E’ occasione per confrontarsi e misurarsi in relazione ad un cambiamento, l’occasione per intensificare spazi di condivisione, di rassicurazione in un comune percorso di adattamento positivo, anche negli aspetti concreti (alimentazione, viaggi, stile di vita)

Convincersi (e i dati lo dimostrano) che il bambino diabetico non è un diverso e va stimolato e incoraggiato perché non si identifichi con un immagine di malattia ma di salute, di sicurezza e di autorealizzazione.

Condividere la presa in carico del problema con più membri della famiglia, coinvolgendo quanti condividono la quotidianità del bambino perché si sentano rassicurati e non elaborino strane e infondate paure

Promuovere la vita di relazione, gli incontri con gli altri, le esperienze arricchenti e positive. Il bambino ha bisogno di vivere con gli altri e di sentirsi uguale a loro (in adolescenza questo si accentua).

Contribuire ad offrire a chi non è coinvolto dal problema un’immagine positiva, non pietistica, né di timore; l’utilità di informare correttamente e di rassicurare chi non vive da vicino il diabete aiuta a superare falsi pregiudizi e a sostenere un’immagine sociale realistica, positiva e non discriminante nei confronti dei diabetici.

La valutazione

Un valido aiuto per valutare il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo posti ci viene offerto dal sapere che il diabete non preclude il raggiungimento di una qualità di vita desiderabile. In alcuni casi si distinguono personaggi di spicco diabetici che ci confermano quotidianamente che con il diabete “si può”……

In conclusione propongo un invito ai genitori: guardate il vostro figlio che ha il diabete e chiedetevi con quali occhi lo state guardando e il primo pensiero che vi viene in mente. Se il diabete emerge su tutte le altre caratteristiche di vostro figlio e ne oscura la sua immagine allora ripensate al progetto di salute che volete per lui. E’ necessario cercare di ridefinire lo spazio nella vostra mente e nella vostra vita occupato dal diabete per fare largo a tutti gli altri aspetti sani e positivi che vostro figlio vi chiede di riconoscergli.

dott.ssa Margherita Ferracin
(assistente Sociale)

 

Diabete e vita associativa

Come tutti noi ben sappiamo, il diabete giovanile si caratterizza per il coinvolgimento continuo e diretto del ragazzo e più ancora dell’intera famiglia nel processo terapeutico, che diventa parte integrante dello stile di vita familiare, seppure sotto la guida del diabetologo e del team medico. Sullo sfondo di questa integrazione di intervento sanitario e impegno personale, nasce spontanea e legittima la domanda: perché una associazione, con quale spazio, con quali finalità e motivazioni?
Lo statuto delinea un quadro di attività, nelle quali l’Associazione si è sempre distinta fin dalle sue origini:

Promozione della conoscenza del diabete, per favorirne la prevenzione, la diagnosi e la cura precoce

Sostegno a iniziative di assistenza e tutela a favore dei giovani diabetici

Organizzazione di attività educative rivolte ai ragazzi e alle loro famiglie.

Obiettivi importanti, ma sufficienti ad esaurire tutto il significato di essere associazione? Non c’è forse spazio per una più intensa e partecipata “vita associativa”?

“Vita” appunto, proprio a richiamare l’attenzione sul nostro coinvolgimento non come spettatori ma  da attori di primo piano, in modo tale da “vivere” l’associazione come momento di crescita e arricchimento personale, all’interno di un “gruppo” che noi stessi andiamo a creare.

Ce n’è bisogno?

Sicuramente tutti noi desideriamo che i nostri figli possano non solo “Convivere con il diabete” – meta che costituisce peraltro l’obiettivo primario e concreto dei nostri sforzi quotidiani – ma soprattutto “vivere bene nonostante il diabete”, alla ricerca di una piena realizzazione di sè stessi.

Obiettivo difficile, ma certamente possibile.

Per ottenere ciò è necessario che, accanto ad una efficace terapia e controllo medico, il ragazzo  possa sviluppare una rete di relazioni e di comportamenti  del tutto uguali a quello dei coetanei non affetti dalla malattia: relazioni che implicano l’accettazione di se stessi, il buon rapporto con la famiglia, gli amici, la scuola, il gruppo.

Comportamenti che peraltro nell’età infantile e dell’adolescenza non possono che maturare all’interno di una realtà familiare che riesca altrettanto bene a condurre una vita di assoluta normalità, caratterizzata da ritmi, impegni, modalità di lavoro, studio e svago proprie di ogni altra famiglia.

In questo sforzo di vita “normale”, ci scontriamo spesso con il modo diverso di percepire la nostra situazione da parte delle persone con cui entriamo in contatto, che finisce con l’influenzare, magari indirettamente o inconsciamente, anche il nostro stile di vita.

Siamo cioè troppo spesso circondati da atteggiamenti di compatimento che classificano i nostri ragazzi come “malati” e le nostre famiglie come “sfortunate”, rischiando di relegarci in una condizione di inferiorità e legittimando una sensazione di disagio, di “diversità”, in aperto contrasto con il nostro diritto e consapevolezza ad una vita pienamente normale.

Ricordo a questo proposito due episodi che forse meglio di altri sintetizzano la nostra difficoltà a trovare un giusto equilibrio tra queste due realtà contrastanti.

Ho ancora vivo il ricordo delle parole di mia madre, all’esordio del diabete di mia figlia: prima persona a venire a conoscenza del problema, la sua reazione immediata e spontanea, accompagnata dalle inevitabili lacrime, è stata: “oh poverina, sarà schiava dell’insulina per tutta la vita”.

Con altrettanta commozione mi tornano in mente le recenti parole di una ragazza, coetanea di mia figlia, dopo il campo famiglie cui abbiamo preso parte l’anno scorso: “abbiamo rafforzato la nostra amicizia, sentendoci sempre ragazzi spensierati e felici. Nel complesso è stato il periodo più felice delle mie vacanze estive”.

Ecco, credo che proprio dal contrasto tra questi due approcci così diversi e apparentemente inconciliabili, eppure così presenti nella nostra vita quotidiana, si possa ricercare la spinta motivazionale a vivere la realtà di questa associazione.

Da qui infatti deriva una prima importante funzione dell’Associazione: essere un punto di riferimento dove poter trovare risposta ad alcune esigenze importanti:

Riconoscersi e ritrovarsi tra persone che vivono la stessa realtà,

Sdrammatizzare il significato dei nostri problemi quotidiani, attraverso il confronto con quelli degli altri,

Imparare a non sentirsi “diversi” in un ambiente dove nessuno piange sul nostro destino,

Acquisire consapevolezza delle nostre possibilità, anche attraverso l’esempio e lo stimolo di chi, prima di noi, ha vissuto e superato le nostre stesse difficoltà.

Così l’Associazione, pur senza diventare il fine del nostro vivere quotidiano, che anzi ognuno di noi e dei nostri figli può e deve continuare a ricercare e realizzare nel proprio ambiente sociale, può rappresentare un po’ il nostro porto, un rifugio dove fermarsi a riflettere, dove incontrare persone che parlano la nostra stessa lingua, dove scambiare idee, opinioni, impressioni, dove trovare comprensione ma anche incoraggiamento e forza.

I nostri ragazzi (e noi con loro) hanno la possibilità di dimostrare a se stessi e agli altri la loro normalità e di trovare slanci positivi anche nella vita di tutti i giorni, ma si scontrano molte volte con situazioni in cui la loro sicurezza e i loro stessi diritti sono messi in discussione: 
dallo sguardo curioso o critico dei compagni mentre si fanno l’insulina, alla preoccupazione dell’insegnante durante la gita, al timore dei genitori di fronte alla prima richiesta di uscita da soli, alla sorpresa del vicino di tavolo durante un pranzo, alla domanda un po’ ingenua ma sempre dolorosa sulla durata della nostra condizione da parte del conoscente poco o nulla informato.....
E quante volte, nella nostra anche breve esperienza, abbiamo constatato la difficoltà di condividere il nostro problema con gli amici e conoscenti, instaurando un rapporto proficuamente positivo, senza cadere nel rischio del compatimento o dell’ascolto magari interessato e disponibile ma pur sempre superficiale, distaccato?

La realtà associativa, se vissuta come momento di positivo e sereno instaurarsi di relazioni interpersonali, è in grado di rappresentare un potente strumento di reazione alle pressioni esterne e alle situazioni di potenziale disagio, sviluppando il nostro senso positivo del vivere e sostenendoci anche con azioni “ufficiali” nella nostra quotidiana lotta per affermare il pieno diritto ad una normale vita sociale, lavorativa e di relazione.

In quest’ottica si sono sviluppate le esperienze più recenti e intendiamo muoverci nel futuro, attraverso iniziative atte a favorire uno spirito di amicizia e socialità, cosi’ da stimolare la voglia di vivere e di vivere bene che sta alla base di una corretta gestione del nostro corpo.

Da questa esigenza hanno sempre tratto origine le esperienze più consolidate come i Campi scuola e i corsi di formazione per ragazzi, momenti basilari di approfondimento della proprie capacità di autogestione ma anche essenziale occasione di socializzazione, spesso per molti ragazzi quasi un trampolino di lancio per altre esperienze di vita autonoma.
Non dimentichiamo che proprio dall’esperienza invernale di Misurina è nata negli ultimi anni una forte esperienza di gruppo che ha portato alcuni nostri adolescenti a ritrovarsi ben oltre i confini del campo invernale, coinvolgendo in questo loro momento aggregativo anche le rispettive famiglie. Ponendo le basi, che ci auguriamo durature, per rapporti di amicizia che si sono andati consolidati nel tempo, attraverso ulteriori occasioni di incontro, svago e divertimento comune.

Da questa esigenza sono poi nate in tempi recenti le proposte dei campi famiglie, e degli incontri tra genitori, che hanno permesso di associare obiettivi di conoscenza reciproca, di verifica e maturazione personale a esigenze di svago e piacevole compagnia.
Tutti momenti da considerare non come espressione di un “ghetto” ristretto ma anzi come opportunità in più per persone che, proprio perchè partecipi di una difficoltà comune, sono in grado di apprezzare il significato della condivisione e della disponibilità verso gli altri.

L’unica condizione perchè ciò si realizzi è che di questo gruppo ci sentiamo parte integrante ed elemento costitutivo, persone che hanno qualcosa da condividere, nel male ma soprattutto nel bene, e voglia di giocare appassionatamente il ruolo che ognuno di noi ha nella società, con o senza il diabete.

Senza dimenticare tuttavia che l’associazione e le varie attività non sono delle soluzioni taumaturgiche in grado di risolvere tutti i nostri problemi, ma costituiscono piuttosto uno stimolo per guardare avanti con maggiore serenità e impegno.

A conclusione un invito da parte di chi, come me, nell’Associazione crede e dall’Associazione ha già ricevuto tanto:
non viviamola come un’entità esterna a cui attingere di tanto in tanto, ma impegniamoci ogni giorno con le idee, la partecipazione attiva, i piccoli gesti di aiuto concreto, i contatti personali, - anche a costo di qualche piccolo sacrificio di tempo e fatica - per uscire dal nostro isolamento, perchè anche noi e i nostri figli possiamo:

VIVERE BENE

 

ing. Paolo Forti
Associazione Giovani Diabetici - Padova

 

 

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